10 Ottobre 2019: GRANDE ATTESA A SORIANO CALABRO PER LA VISITA DEL MAESTRO GENERALE DEI DOMENICANI FR. GERARD FRANCISCO III TIMOTER

Rinnovando la tradizione che vede i Maestri dell’Ordine recarsi subito in pellegrinaggio a Soriano al Santuario di San Domenico, dopo la loro elezione, fr. Gerard Francisco III Timoter sarà a Soriano il prossimo 10 e 11 Ottobre.L’88° successore di San Domenico, accolto con gioia e riconoscenza, dalla Comunità Ecclesiale e dall’Amministrazione Comunale, verrà come pellegrino per venerare il miracolo Quadro e per chiedere ogni bene per il servizio a cui è stato chiamato.Giovedì 10 ottobre alle ore 17 in Municipio ci sarà il saluto del Sindaco, dr. Vincenzo Bartone alla presenza dell’Amministrazione Comunale e delle autorità civili e militari; successivamente sarà accolto in Santuario dal Provinciale dei Domenicani dell’Italia Meridionale, fr. Francesco La Vecchia, prima di presiedere la solenne Concelebrazione Eucaristica. Al termine l’omaggio musicale del Coro Polifonico Dominicus, Cappella musicale del Santuario.Il giorno seguente, dopo la Celebrazione Eucaristica delle ore 8, il Maestro visiterà gli imponenti ruderi dell’antica Basilica e del Convento di San Domenico, per fare ritorno, dopo il pranzo, a Roma.

PRIMA INTERVISTA DI FR. GERARDO TIMONER MAESTRO DELL’ORDINE DEI PEDICATORI

(Traduzione a cura di Laicidomenicani.it dell’intervista pubblicata su Religion Digital il 22 luglio 2019 scorso e realizzata dal suo direttore Josè Manuel Vidal)
 
 


Gerard Timoner: “La nostra Chiesa oggi soffre di divisioni. Il corpo di Cristo è ferito”
 
Gerard Timoner (nato aDaet, 1968), il nuovo Maestro dell’Ordine dei Predicatori (Domenicani), è filippino ma non si sente a proprio agio con l’idea che il futuro della Chiesa sia in Asia e in Africa. Non ha paura di guidare uno degli ordini più antichi e prestigiosi della Chiesa e ritiene che questo futuro è dove “il Vangelo deve essere ascoltato”, perché soprattutto “siamo cittadini del Regno”. Forse è per questo che incoraggia a costruire la comunione nella Chiesa, perché “oggi soffre di divisione e il corpo di Cristo è ferito”.
 
Cosa ha provato quando il suo nome è stato proclamato come nuovo Maestro Generale dei Domenicani?
Sono qui a Bièn Hôa come ospite del Maestro dell’Ordine. Come tutti gli Assistenti della Curia, non partecipiamo alle elezioni del nuovo Maestro. Due giorni prima delle elezioni, i capitolari hanno invitato alcuni fratelli che consideravano possibili successori di San Domenico.
Durante l’intervista che mi hanno fatto, ho detto ai fratelli che una delle mie maggiori carenze era linguistica, dato che parlo solo una delle tre lingue ufficiali dell’Ordine, parlo solo inglese e non parlo spagnolo o francese. Né considero avere tanti talenti quanto i miei predecessori e sono consapevole che ci sono molti fratelli meglio qualificati di me tra quelli presenti nel Capitolo Generale, poiché alcuni parlano le tre lingue o almeno due di queste. Mi mancano anche le competenze per risolvere i problemi dell’Ordine. Non sono il fratello più brillante né il più coraggioso di quelli del Capitolo.
 
Come si definisce come persona e come domenicano?
Quando il Segretario generale mi ha chiesto di incontrare i capitolari, ho pensato che sarebbe stato inopportuno dire “sì” e accettare le elezioni. Infatti, non è stata l’audacia a farmi dire “sì”, piuttosto furono i fratelli della Curia che mi aiutarono a mettere ordine nei miei pensieri: “Tutti noi abbiamo pregato sinceramente lo Spirito Santo affinché ci illuminasse e i fratelli hanno deciso con coscienza retta … quindi a meno che non ti stia bruciando casa … devi ritrovare la calma, incontrare i capitolari e accettare …” (sicuramente queste non sono le stesse parole, ma almeno sono quelle che ricordo). C’era un fratello che mi abbracciò dicendomi: “Non sei solo, conta su di noi”. Quindi questi fratelli mi hanno accompagnato a pregare in cappella, lì ho compreso che dovevo accettare la decisione dei fratelli.
 
Con l’elezione di un filippino come lei, l’Ordine si rivolge all’Asia, un continente che alcuni chiamano il “futuro” del cattolicesimo?
Non sono affatto un fratello straordinario. Come tutti i fratelli che amano la Chiesa, amo il Corpo di Cristo e l’Ordine. E chiunque ama farà del proprio meglio per l’amato.
Alcuni fratelli mi hanno detto che la decisione di scegliere un fratello dall’Asia è un segno che l’Ordine si sta avvicinando all’Asia. È vero, il numero crescente di autorità ecclesiastiche in Asia è un segno della crescita e della maturità della Chiesa in questa parte del mondo che ha il maggior numero di abitanti – due paesi, Cina e India, hanno più di 3.000 milioni persone. Sì, siamo cittadini dei nostri paesi, ma allo stesso tempo siamo anche cittadini del Regno. Pertanto, non mi sento molto a mio agio con l’idea che l’Asia o l’Africa siano il “futuro” della Chiesa, come se l’Europa o l’America fossero il passato o il presente. Il “futuro” della Chiesa è ovunque il Vangelo debba essere ascoltato, sia perché ignorato in società religiosamente indifferenti, o perché il Vangelo non è stato ancora predicato correttamente. Il futuro della Chiesa deve anche essere trovato nei giovani che rimangono fedeli a Cristo.
 
Qual è la situazione generale dell’Ordine? È finita l’era delle riforme strutturali, per adattare l’Ordine al declino delle vocazioni? Qual è il suo sogno per i domenicani? La primavera vocazionale asiatica continuerà a prosperare per l’Ordine e per l’intera Chiesa?
I due precedenti Maestri dell’Ordine mi hanno detto: “l’Ordine è in buone condizioni. Molte istituzioni e province sono più forti di prima … abbiamo 800 fratelli in formazione”. Quando ascolto i capitolari, sono colpito dalla profondità della loro conoscenza e amore per la Chiesa e l’Ordine. Se qualcuno mi chiedesse: pensi che l’Ordine sia in buone mani dopo aver scelto il nuovo Maestro? Gli direi immediatamente: “Non lo so, ma non ho dubbi sul fatto che il Maestro sia nelle buone mani dei fratelli” (e spero che continui così).
Credo che l’Ordine rimarrà forte se rimarrà fedele alla sua missione. Fr. Bruno, (il suo predecessore ndr) mi ha detto che essere Maestro dell’Ordine è rimanere quello che si è, cioè “Fratello Gerard”, sebbene il suo ministero è essere “Domenico” per l’Ordine per i prossimi nove anni. “Essere Domenico” significa condurre i fratelli a servire la missione dell’Ordine, cioè aiutare a costruire la comunione della Chiesa, il Corpo di Cristo, proprio come fecero San Francesco e San Domenico quando la Chiesa aveva urgentemente bisogno di un “Nuova” evangelizzazione nel XIII secolo.
Come possiamo aiutare a costruire la Chiesa, il Corpo di Cristo? Innanzitutto, è importante rendersi conto che siamo solo “aiutanti” o “assistenti”. Il “costruttore” principale è il Dio uno e trino, modello e fonte di comunione. Sappiamo che la teologia più semplice e profonda della comunione è la preghiera di Gesù per l’unità, che rivela la sua volontà e la sua missione: “chiedo … che tutti siano uno, come te, Padre, sia in me e io in te … affinché il mondo creda che tu mi abbia mandato” (Gv 17).
Ricordiamo che la nostra Costituzione fondamentale afferma: “La natura dell’Ordine come società religiosa deriva dalla sua missione e dalla sua comunione fraterna” (LCO VI). La nostra missione e la nostra comunione fraterna insieme costituiscono la nostra natura, come fragili predicatori. La visione di Domenico per l’Ordine si manifesta chiaramente quando chiese a Papa Onorio III di fare un piccolo ma significativo cambiamento nella bolla del 21 gennaio 1217, cioè di cambiare la parola originale di praedicantes (persone che predicano) per il nome praedicatores. Quindi possiamo dire che la nostra missione non è principalmente ciò che facciamo, cioè predicare, ma chi siamo, cioè i predicatori.
Serviamo la missione di aiutare a costruire la Chiesa attraverso il carisma dato a Domenico e al suo Ordine. Essendo un po’ più precisi, questo significa che una parrocchia domenicana è quella in cui la comunione dei fratelli conduca alla comunione della parrocchia; un’istituzione accademica domenicana è quella in cui la comunione dei fratelli guida la comunità accademica nello studio, nell’insegnamento e nella ricerca; un centro che cerca di attuare la dottrina sociale della Chiesa, che cerca di promuovere la pace di Cristo attraverso giuste relazioni è una comunione di fratelli che cerca di aiutare le persone a vivere secondo la loro dignità di figli di Dio.
Realisticamente, la diversità e le differenze tra fratelli possono talvolta indebolire la comunione. Ma anche questo può diventare parte del nostro servizio profetico alla Chiesa e alla società: è possibile avere differenze e rimanere un fratello, è possibile non essere d’accordo senza interrompere la comunione.
Spero e prego che nei prossimi anni, la ristrutturazione dell’Ordine che abbiamo iniziato alcuni anni fa si sposterà verso un senso di comunione più intenzionale e profondo. Fr. Bruno ci ha detto che abbiamo 800 fratelli in formazione, come forniamo questi fratelli con la stessa qualità di formazione, perché non sono semplicemente figli delle Province, ma sono nostri fratelli.
Una volta ho sentito un bellissimo proverbio da un fratello africano: è necessaria un’intera tribù per crescere un bambino. Forse sarebbe bello chiedere a questo Capitolo e all’intero Ordine, qual è la dimensione di questa “tribù”? Le nostre Costituzioni ci ricordano: l’Ordine è una comunione, non una federazione, di province. Come possiamo trasformare questo affectus communionis (comunione affettiva) in una comunione efficace, una comunione efficace o concreta?
 
I domenicani continuano a serrare i ranghi con il primo Papa gesuita nella storia e contro la “resistenza” che si incontra per riformare la Chiesa?
Costruire il Corpo di Cristo è costruire la comunione. Tuttavia, la nostra Chiesa oggi soffre di divisioni. Il corpo di Cristo è ferito. Sembra che alcuni membri della Chiesa non si rendano conto che quando fanno male e causano dolore ad altri membri, stanno causando danni a sé stessi. “Quando un membro soffre, anche tutti i membri soffrono”, afferma San Paolo.
Papa Francesco sa che le divisioni distruggono gradualmente la Chiesa. Qualche anno fa, ha detto in un’omelia: “il diavolo ha due armi molto potenti per distruggere la Chiesa: divisioni e soldi … le divisioni nella Chiesa non lasciano che il regno di Dio cresca; non lasciano che il Signore si faccia vedere bene, come è lui”. Al contrario, “le divisioni fanno sì che si veda questa parte, quest’altra parte contro di questa: sempre contro, non c’è l’olio dell’unità, il balsamo dell’unità”. Questo ci porta all’importanza della missione di San Domenico e San Francesco, per costruire la Chiesa. Se la Chiesa è minacciata dalle divisioni, dobbiamo costruire la comunione.
 

fonte: sito Ordine dei Fredicatori Provincia San Tommaso d’Acquino.

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