CULTURA. San Domenico in Soriano-485° Anniversario della Calata del «Quadro»

CULTURA. San Domenico in Soriano-485° Anniversario della Calata del «Quadro» Martino Michele Battaglia 

«Contea fu già questa Terra, co’ suoi tre villaggi, S. Basilio, Santa Barbara, e Motta S. Angiolo, de’ Primogeniti de’ Duchi di Nocera Carafi, trattenitori di splendida Corte, e Cavallerizza, oggi estinti. Dalla Regal Camera l’acquistarono i padri qui di S. Domenico nell’anno 1652, per ottantaquattromila ducati. Siede in sito elevato, e discosto per poche miglia dal mare, Nel più basso però posa il Convento, e la Chiesa. Magnifica è questa, ancorché riparata dal grave danno de’ Tremuoti, cui soggiace la Provincia, allargandosi con varie cappelle di fondo, e di architettura moderna, alzando cupola, e cornicione.

  

 Ha luogo nell’altar maggiore, sempre ricco di candelieri, e vasi di argento col paliotto di ricamo, la Sagra Immagine in tela di celeste pennello, si com’è fama, con diversi ornamenti, quasi che sempre vi si celebrasse la festa. Più lampane pur di argento, del continovo l’illuminano, apparendo fra colonne di marmo, sovra il tabernacol di gemme, e alabastri per la Venerabil Eucarestia, sostenuta da una meza figura parimente in argento della Beatissima Vargine: mentre rimangon su le porte laterali del choro, largo di giro, co’ seggi di capriccioso intaglio di noce, le statue di marmo, delle Sante Caterina Vergine e Martire, e Maria Maddalena».

 

Inizia così la descrizione di Soriano e della “Santa Casa” di San Domenico di Giovanni Battista Pacichelli. Il racconto fa parte del diario dei suoi viaggi pubblicato nel volume: Il Regno di Napoli in prospettiva diviso in dodici provincie. Nei suoi appunti su Soriano, l’abate decanta oltre all’imponenza del convento con la sua monolitica costruzione, il valore delle ricchezze costituite da innumerevoli opere d’arte, con particolare riferimento alla copiosa biblioteca, apprezzata da diversi storici ed eminenti studiosi che la definirono, a ragione, una delle meraviglie dell’Italia Meridionale. Pacichelli, alla stregua di altri autori (Silvestro Frangipane, Antonino Lembo, Domenico Taccone-Gallucci, Antonino Barilaro) attesta che la fioritura del culto popolare in onore del Santo di Caleruega si affermò definitivamente agli inizi del Seicento. Ciò accadde in virtù della miracolosa Immagine del Santo Patriarca Domenico che, attraverso la cosiddetta «Calata del Quadro», volle trasmigrare il suo spirito a Soriano Calabro. Efficace è a riguardo il pensiero di Jansen che afferma: «il corpo di San Domenico riposa a Bologna, ma il suo spirito è a Soriano».

Per la cronaca, i fatti riportati con specifico riferimento all’apparizione del Quadro miracoloso, risalgono alla fatidica notte tra il 14 e il 15 di settembre, vent’anni dopo la fondazione del Convento (1510). Il monastero fu eretto grazie a padre Vincenzo di Catanzaro O. P., inviato a Soriano dallo stesso San Domenico in persona che gli apparve più volte in visione. Lo storico del Santuario padre Antonino Barilaro O.P. riporta con dovizia di particolari che ci vollero quasi ottant’anni ai fini del riconoscimento ufficiale dei fatti accaduti nel 1530.

 

Scrive Barilaro: «Non è un paradosso; è la storia millenaria della Chiesa di Cristo: la fede del popolo di Dio precede le dotte elucubrazioni dei teologi, la pietà degli umili è guida ai grandi e ai potenti della terra su la giusta via del cielo». Di qui, il culto della Celeste Immagine divenne noto in tutta Europa e persino oltreoceano. La storia delle tre Marie (la Vergine Santissima, Santa Maria Maddalena e Santa Caterina d’Alessandria) che consegnarono la tela a fra Lorenzo da Grotteria è arcinota in tutto il mondo.

 

Diversi artisti, tra cui il Guercino e Francisco De Zurbarán dipinsero la “Visione di Soriano”, per immortalare la consegna della sacra Tela acheropita a fra Lorenzo nel cuore della notte. Una notte, come si evince dai dipinti di questi due grandi e rinomati artisti, che improvvisamente si illuminò, divenne radiosa, squarciando il buio delle tenebre con l’apparizione della Vergine Santissima proprio nella chiesetta dell’Annunciazione, custodita da quei pochi frati, i quali avevano disegnato su un muro un’immagine rozza e quasi sbiadita di San Domenico di Guzmán, titolare del convento e fondatore de loro ordine. Per questo motivo, Martino Campitelli definisce Soriano città mariana, proprio in virtù dell’apparizione di Maria, Vergine e Madre di Dio.

 

Il Quadro miracoloso di San Domenico, da allora in poi, continua a portare a Soriano gente di ogni dove, devoti che giungono a pregare al suo cospetto: pellegrini, cercatori di grazie, teologi e studiosi di arte, antropologia e religione, affascinati da questo prezioso dono elargito dalla Madonna ai sorianesi e a tutto il popolo cristiano. Di fatto, furono i miracoli di San Domenico in Soriano a ratificare l’intervento divino in questo sperduto lembo di Calabria, come attestarono anche i celebri Bollandisti. Lembo, Frangipane, Barilaro, Michele Fortuna O.P. e altri autori, riportano con testimonianze accreditate e riferimenti specifici, i prodigi operati dal Santo persino con le copie della Santa Immagine e con l’olio della lampada che arde dinnanzi ad essa e alle sue copie sparse per le chiese di quasi tutti i continenti.

 

Per quanto riguarda l’imponente struttura architettonica di stile barocco del Santuario di Soriano, va detto, sulla base dei dati storici, che solo dopo il sisma del 1659 il cenobio venne in parte ricostruito e allargato su progetto dell’architetto Bonaventura Presti sulla pianta dell’Escoriale di Madrid. Nello specifico la facciata però fu elaborata sullo stile di quella della chiesa di Sant’Andrea della Valle progettata dal Rainaldi, eretta circa pochi anni prima in Roma. Nello stesso anno (1659) venne anche tracciato il corso dove ancora attualmente avviene la sacra drammatizzazione della Cumprunta e ciò è dimostrato dagli studi dell’architetto sorianese Nazzareno Davolos, che attesta l’importanza della cupola della torre campanaria, simbolo del potere religioso e politico. Il priore del convento assumeva anche il titolo di conte come si evince dal dettato del Pacichelli sopra esposto.

 

Tornando a San Domenico, meravigliosa è la descrizione del Quadro data dal Frangipane: «Il Quadro è stato portato per miracolo a Soriano» e poco oltre «Non vi è sovrabbondanza di colori, ma una schiettissima dipintura rassembrante un uomo formato dalla sua natura, non dall’arte; né comparisce ivi difficoltà tira del pennello, ma una scienza padrona dell’arte che dimostra con un sol tratto aver compiuto quell’opera».

 

Molti si chiedono ancora perché Soriano, perché la Calabria. Ricordiamo, in proposito, che tra i primi seguaci di San Domenico vi fu un certo fra Giovanni di Calabria, presente in San Sisto Vecchio a Roma, nel momento in cui il Santo resuscitò il giovane Napoleone Orsini. Certamente, San Domenico fu in contatto diretto con monaci calabresi al punto che li ebbe come cooperatori nella missione svolta tra il 1220 e il 1221 per evangelizzare l’Italia settentrionale. Non vi è dubbio allora che il Santo spagnolo intendesse visitare quegli eremi e quelle laure sorte in Calabria dove prosperavano lavoro e preghiera.

 

Il suo progetto era di fondare una fucina di apostoli proprio nella nostra regione, a quel tempo, ricca di spiritualità. Le immani fatiche nel Nord dell’Italia stremarono le sue forze al punto che il 6 agosto del 1221 consegnò lo spirito a Dio in quel di Bologna, proprio nel giorno in cui la Chiesa celebra la Trasfigurazione di Cristo sul monte Tabor. Nello spirito portava con sé in cielo il bel sogno della Calabria.

 

Scrive ancora Barilaro O.P.: «Era il primo Santo che conservava, anche nella visione beatifica, una certa nostalgia della terra, di quella terra». Da ciò si evince l’intenzione di San Domenico e la nostalgia che egli ebbe della terra di Calabria, dove sarebbe giunto fisicamente se la morte non lo avesse colto dopo l’ennesima missione contro le eresie. Nostalgia che a quanto pare riuscì a colmare quale premio attribuitogli dalla Vergine Santissima, che volle portare la sua Santa Immagine nel Santuario di Soriano, centro di spiritualità e di preghiera.

 

Le invocazioni dei sorianesi dimostrano ancora l’attaccamento nei confronti di San Domenico e soprattutto della Madonna del Rosario, liberatrice del flagello del 1783 che distrusse il più grande santuario dell’Italia Meridionale e la cittadina di Soriano che attorno ad esso aveva trovato sviluppo e protezione. La ricostruzione vede oggi la nuova chiesa del Santuario collocata dove un tempo si ergeva il chiostro del priore, intorno le magnifiche rovine vestigia dei fasti di un tempo ormai andato. Tuttavia, nonostante gli eventi tristi, la fede si ritempra e il culto prosegue a testimonianza di un rapporto indissolubile tra umano e divino che non viene mai meno.

 

Ancora oggi l’impegno della Confraternita di Gesù e Maria del Santissimo Rosario mantiene vive le tradizioni paraliturgiche locali nel segno di una continuità che nei momenti più importanti di queste solenni celebrazioni coinvolge e unisce tutto il popolo sorianese nella fede e nell’amore verso la Chiesa di Cristo e dei suoi santi.

Martino Michele Battaglia

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