I mostaccioli sinonimi di “mastazzola”, “mustazzoli” o “nzudde”, sono biscotti duri, compatti, pesanti, delle forme più svariate, decorati da carta stagnola colorata.
Cinquanta le forme tradizionali più diffuse volgarmente note come “a parma” “u panaru”, “a grasta”, “u cori”, “u pisci spada”, “a sirena”, ossia la palma, il paniere, la pianta, il cuor, il pesce spada e la sirena e poi tutte quelle che pensate dalla fantasia degli artisti vengono create e forgiate in un momento nel laboratorio.
Per aver un’idea di cosa siano i mostaccioli si sfogli il Vocabolario del dialetto calabrese (1977) di Luigi Accattatis che alla voce “Mustazzuòlu o mostacciolo” riporta la definizione di : “dolce introdotto dagli arabi e che si fa di fior di farina impastata con miele o con vino cotto, condito di varie spezie e cotto in forno. Il popolo usa questo specie berlingozzo, più che altre occasioni nei maritaggi”
Pi articolata è la definizione d Giovan Battista Marzano nel Dizionario etimologico (1928): “i mostaccioli sono dolci caserecci fatti con farina, miele, mosto cotto, conditi di droghe, in forma romboidali a pupattoli, panieri e simili; il nome deriva dal latino mustaceus ovvero mustaceum, da mustacea, antica focaccia per nozze preparata mescolando farina, mosto cotto, n condimento grasso, cacio, anice, cotta sopra foglia di lauro” ed infine Gerhard Rohlfs, studioso tedesco, nel Dizionario dialettale delle tre Calabrie (1934) li cataloga come “specie di dolci di farina impastata con miele e mosto cotto”.
In ogni caso incerta è l’origine dei mostaccioli, forse araba anche se il nome deriva dal latino “mustacea”, antica focaccia nuziale o forse magno – greca prima delle cannamele (zucchero di canna) e comunque, quanto tramandato sui mostaccioli circa l’origine, il significato, il senso del prepararli e donarli, è un mirabile intreccio tra storia e leggenda perpetuata negli anni da padre in figlio per generazioni.
La leggenda ne affida, infatti, la diffusione ad un monaco misterioso, apparso all’improvviso e sparito nel nulla, che li avrebbe offerti generosamente ad una popolazione contadina e povera come quella di Soriano.
Su questi dolci animati aveva vegliato a lungo S. Domenico, il cui santuario era meta di pellegrinaggio e di culto, che ne diviene patrono dei mastazzolari e il maestro artigiano viene chiamato “u monacu”.
Per la storia, invece, l’introduzione dei mostaccioli si attribuisce ai monaci certosini del centro di S. Stefano in Bosco vicino Serra S. Bruno e poi ai Domenicani del convento di S. Domenico, sorto nel 1510, che hanno insegnato, sostenuto e promosso tra gli artigiani locali l’arte pasticcera, fiorente tra il ‘600 ed il ‘700 che investiva prima di tutto i monasteri.
Quest’arte e questa manifattura dolciaria estrinseca la sua massima espressione nel corso della festa di S. Domenico, proclamato patrono principale del Regno di Napoli nel 1640, fissata per il 15 settembre.
Quando, però, nel 1653 Soriano venne distrutto da un terremoto, le aspettative taumaturgiche dei fedeli non decaddero e così meta di pellegrinaggio e di venerazione divenne S. Rocco del vicino santuario di Gerocarne; qui ancora oggi, come allora, a chiusura della festa del patrono che si celebra il 16 agosto si svolge un coinvolgente rito cristiano che vede i mostaccioli donati dai miracolati, acquistati all’incanto in un’asta pubblica e il cui incasso è devoluto per opere pie e per beneficenza.
Le Forme: Molte sono le forme riprodotte dai mastazzolari e tante le idee che vengono trasformate in immagini fantastiche.
Le forme tradizionali si possono enucleare in gruppi di animali, forme libere, figure religiose ed umane ed ex voto.
Una collezione delle forme classiche di questi speciali biscotti è raccolta presso il Museo di Palmi, il Museo nazionale delle arti e mestieri di Roma e trentasei forme sono state fotografate e custodite presso il Centro Culturale del folklore e delle tradizioni popolari di Soriano. Qui si conserva pure un presepe realizzato con tutti i personaggi di pasta dolce, recentemente presentato presso la Mostra d’Oltremare a Napoli.
Oltre i mostaccioli: I mostaccioli e i biscotti mandorlati rappresentano l’emblema di Soriano, nel tempo, però, la gamma produttiva si è arricchita e sono state affiancate altre prelibatezze e prodotti dolciari come susumelle, torroni di arachidi e mandorle insieme ad una vasta biscottiera a base di tozzetti, anicini e cantuccini. I mastaccioli sono individuati dalle forme artistiche, di consistenza dura, belli da vedere e regalare. Si acquistano prima di tutto per simbolo e poi si consumano dopo averli fatti intenerire per un po’ di tempo.
Per quanto artisticamente belli, qualcuno preferisce non consumarli ma averli come ricordo e usa laccarli con una sottile patina di vernice trasparente.
I biscotti, dal classico pacco avvolto nelle veline, sono soprattutto buoni da mangiare, molto apprezzati per il gusto e la morbidezza, sono ottenuti da un impasto di farina, miele, mandorle, bicarbonato, aromi, cannella, chiodi di garofano e buccia di limone.
L’impasto lievitato che si ammorbidisce con il tempo assorbendo umidità e l’arricchimento con mandorle ed aromi, rendono i biscotti graditi e ricercati da consumare a colazione come pure da dessert.
I biscotti mandorlati hanno una forma standardizzata, a grosse fette, sono prodotti integralmente da una completa linea di lavorazione e l’unica fase, talune volte manuale, è il taglio o l’impacchettamento nelle caratteristiche carte veline.
Le aziende innovative sono però dotate di taglierina e confezionatrice che consegna i biscotti posti su di un vassoio in plastica avvolti in cellophane termosaldato.
Talora il pacco dei biscotti viene anche personalizzato con nastri colorati, etichettato e completato di descrizione sugli ingredienti e con le eventuali indicazioni conformi alle norme Haccp del D.L.155\26\5\97.
Le altre specialità dolciarie sono, come susumelle e torroni, sono classici del periodo natalizio.
Per i torroni si usa impastare a caldo miele di arancio e arachide o mandorle, poi tutto ben amalgamato e lavorato sul marmo è tagliato con una lama a piccoli pezzi. Si passa successivamente alla copertura del cioccolato spalmato meccanicamente, l’incarto invece è a mano uno per uno.
L’esecuzione descritta caratterizza il metodo artigianale di lavoro: piccoli quantitativi, scelta della materia prima e soprattutto la qualità della stessa, infatti quasi abbandonando la produzione dei torroni di arachidi e surrogato di cacao, si va verso il mandorlato, con copertura a base di cioccolato di prima scelta, che proprio per bontà, squisitezza e morbidezza trova un ottimistico riscontro tra i consumatori più ricercati.
La stessa filosofia è applicata alla produzione di susumelle, tutte piccole partite, con scelta degli ingredienti tutti freschi e non succedanei.
La nuova linea produttiva che affianca la tradizionale è costituita da una biscottiera che propone biscotti all’anice, tozzetti alle mandorle e cantuccini. Creata per differenziare l’assortimento per soddisfare un segmento dolciario parzialmente espresso, la biscottiera ben si posiziona per conservabilità, gusto e sapidità nell’ambito della pasticceria secca da dessert.
Il volume , infatti, di questo segmento, inesistente 20 anni fa, si assesta oggi intorno ai 1000 quintali a dimostrazione dell’accoglienza favorevole e su larga scala da parte dei consumatori che preferiscono produzioni artigianali, tipiche e ben identificate , alle tante reclamate, confezioni standars di prodotti similari.
Indubbi sono, naturalmente, i vantaggi di questo trend positivo non solo in termini di crescita aziendale e di soddisfazione economica, quanto per l’incremento dell’occupazione e per la migliore utilizzazione delle risorse umane.
fonte: http://www.cogalmonteporo.net/GastronomiaVV/ItinenogastrVV/index/Imostaccioli.htm
foto : @copyright Dolciaria Alessandria – specialità dolciarie Calabresi